Alla fine capisco che non posso descrivere gli eventi – anche quelli più drammatici con anni assumono le sfumature quasi piacevoli – dipende a chi racconto una di tante storie e in che stato d’animo mi trovo. Il mio passato sembra molto più bello di quanto era ancora il mio presente. Posso fidarmi soltanto delle percezioni non elaborate – odori, voci, colori, suoni. Mia madre che accende la luce nel disimpegno davanti alla cameretta prima di svegliarci. Il colore della copertina del primo libro di Marina Zvetaeva – un verde acerbo, acuto, inquietante, – uva spina. La calligrafia di una amica lontana che mi provoca la stessa inquietudine di 15 anni fa. Ci sono dei periodi quando mi sento di vivere dentro questi avvertimenti della realtà esterna, mi succede di ricordare all’improvviso un intero episodio solo sentendo un odore una volta famigliare oppure una voce – che difficilmente si cambia negli anni e mi giro fingendo di trovare chissà che cosa, forse me stessa, quel personaggio strano che porto a presso, cercando di tenergli il passo. A volte lo afferro davvero e vivo in sintonia per un po’ di tempo. Del suo appartamento al centro (a fianco della Belarusfilm, in…