Irina Antonova, storica direttrice del Museo Pushkin di Mosca, si è spenta all’età di 98 anni il 30 novembre 2020 a causa delle conseguenze da Covid. Mi fermo perché qui finisce la terra ferma Marina Zvetaeva / Museo Pushkin/ Irina Antonova. La linea retta si è piegata fino a formare il cerchio perfetto. Avevo 19 anni quando vidi per la prima volta alcuni quadri della serie “Le cattedrali di Rouen” di Monet. Erano esposti al museo Pushkin insieme con Matisse, Chagall e Malevich. L’unico posto al mondo dove la poesia monumentale di Marina Zvetaeva (Iosif Brodskiy la considerava il più grande poeta del Novecento mondiale) incontrava il colore sulla tela e tu non capivi più dove finivano le parole e cominciava la luce. Appunto, il cerchio.Il Museo A.S. Pushkin fu inaugurato il 31 maggio 1912 e contiene la più grande collezione di arte europea della città di Mosca; si trova in via Volkhonka al civico 12, tra la metro di Kropotkinskaya e Borovitskaya.Fondato dallo storico e critico d’arte Ivan Zvetaev, il padre di Marina Zvetaeva. Alla sua fondazione, fu chiamato Museo di Alessandro III ma nel 1937 fu ribattezzato e intitolato al famoso poeta Pushkin, uno dei padri della letteratura…
“Splendido i. espressione usata da lord Salisbury (XIX sec.) per indicare il disimpegno del suo paese verso i sistemi continentali di alleanze, ed estesasi poi a tutta la politica britannica ispirata a questo principio.” Confesso (e nello stesso identico istante ammetto che voglio riconoscerlo solo davanti a te, perché tu sei la causa, il motivo, ogni possibile inizio, qualsiasi inimmaginabile spiegazione del mio voler essere un po’ più vicino a te, accecarmi da vicino, e non alla distanza di una mano, tesa, verso di te) che scrivere di due Marine è semplicemente chiudere il cerchio, sovrapporre due sfere, dove due rette si incrociano, si fondono, si uniscono per ricavarne un’unica terza figura – me stessa. Mentre scrivo penso a Natalia Gonciarova, alle tue Natalie Gonciarove, e mi commuovo nella speranza che a priori di qualsiasi mia predisposizione artistica (palese o celata) , c’è sempre una piccola parte di te, il tuo soffio sulla mia nuca, ed ho paura di voltarmi. Il mio primo ricordo di te – troppo distinto, forse perché non era associato a niente –non c’è e non c’è mai stata una premessa, quindi il contorno, quel insieme delle linee (sagoma, profilo, mai silhouette però!) è troppo in…
Alla fine capisco che non posso descrivere gli eventi – anche quelli più drammatici con anni assumono le sfumature quasi piacevoli – dipende a chi racconto una di tante storie e in che stato d’animo mi trovo. Il mio passato sembra molto più bello di quanto era ancora il mio presente. Posso fidarmi soltanto delle percezioni non elaborate – odori, voci, colori, suoni. Mia madre che accende la luce nel disimpegno davanti alla cameretta prima di svegliarci. Il colore della copertina del primo libro di Marina Zvetaeva – un verde acerbo, acuto, inquietante, – uva spina. La calligrafia di una amica lontana che mi provoca la stessa inquietudine di 15 anni fa. Ci sono dei periodi quando mi sento di vivere dentro questi avvertimenti della realtà esterna, mi succede di ricordare all’improvviso un intero episodio solo sentendo un odore una volta famigliare oppure una voce – che difficilmente si cambia negli anni e mi giro fingendo di trovare chissà che cosa, forse me stessa, quel personaggio strano che porto a presso, cercando di tenergli il passo. A volte lo afferro davvero e vivo in sintonia per un po’ di tempo. Del suo appartamento al centro (a fianco della Belarusfilm, in…
Le parallele asimmetriche “C’è una strada che va dagli occhi al cuore senza passare per intelletto”. “Il sentimento è il primo, più profondo e quasi unico senso degli uomini” All’aeroporto di Varsavia compro un piccolo mazzo di iris. E’ fine marzo, fuori uno spruzzo di neve/pioggia mi bagna il viso, rientro, vado a prendermi un caffè. Penso non sia stata una grande idea comprare dei fiori proprio adesso; penso che potrebbero appassire al mio arrivo a destinazione. Decido di prendermi un succo di pomodoro. Quando ero piccola, il succo di pomodoro era la bevanda che costava meno di tutte (che è stranissimo in sé, perché da noi i pomodori non c’erano, non riuscivano a diventare rossi nella nostra estate breve e non sempre calda. Sasha, il marito di Kostenko, chiamava la Bielorussia “Il paese dei pomodori sempre verdi”), vicino alle caraffe esposte (succo di betulla, succo di mela) c’era una saliera e un cucchiaio per mescolare, uno per tutti. Le commesse con divise grigie un po’ macchiate sul petto, cappellini assurdi sulla permanente assurda, mai una parola gentile – ma era il mio mondo, il mio zoo di vetro, dove mi muovevo disinvolta e felice. Che il succo di pomodoro…