L’accesso al tempio della musica classica era da sempre riservato all’élite: per nascita, per istruzione, per presunzione. L’ingresso sembrava avvolto nella nebbia e nelle tenebre e più che un tempio assomigliava al castello kafkiano, fatto solo per disorientare e confondere e non per raggiungere. Ti scoraggiava perché sembrava lontano, antico, appunto, classico. Dovevi essere idoneo per poterlo avvicinare e attendere di entrare. Rimaneva comunque la sensazione di essere un po’ fuori posto perché era difficile già solo conoscere i nomi esatti degli strumenti, figuriamoci distinguere movimenti oppure prime e seconde viole.In ogni insegnamento la bravura del maestro non sta soltanto nella capacità di spiegare e coinvolgere ma soprattutto nel talento di regalare la propria conoscenza senza farla pesare come superiorità. È come dire “grazie”: tu perché mi ascolti, io perché tu mi parli. Spalancare il portone del sapere perché essere prescelti di conoscere significa non scegliere più ma condividere e gioire allo stupore altrui, alla meraviglia di qualcun altro nello scoprire che Beethoven non fa più paura.Ma la musica classica in grado di unire la storia (forte e spietata come la battaglia napoleonica di Hanau) e la poesia delicata ed esile di Emily Dickinson non è classica perché non più…
Sympósion dialogo di Platone (384 a.C. circa), tra Socrate e un gruppo di amici e discepoli sul tema dell’amore. “Quando ci si trova davanti un ostacolo, la linea più breve tra due punti può essere una linea curva” Lo guardo dritto negli occhi, lo fisso e cerco con tutte le mie forze (poche!) di non mettermi a ridere, l’unico pensiero negli ultimi cinque minuti – come è incredibilmente bello. La sua serietà è bestiale. Non riesco a credere che lui mi stia parlando di questo. Tutto è stranamente lento, come in un sogno, cerco di dire qualcosa, ma le parole non vogliono uscirne, il suono è sordo e indistinto, un liquido che gorgoglia. L’unica considerazione che sono in grado di fare : la sua bellezza è disumana. E che lui mi ama. Ieri dopo “Lo specchio”, io tutta slavata e stremata dalle lacrime e della consapevolezza, mia, della dissezione da Tarkovski, io trasparente dalla venerazione davanti al genio. Lo penso molto più spesso di quello che è conforme alla ragione e quindi al buon senso. Ma quando lo vedo, mi rendo conto distintamente, che la fissazione tirata, la mia concentrazione serale su di lui è solamente un estensore. La mia…