The Human Comedy

“Credo che un bambino cerchi un suo simile in tutti quelli che incontra. E se trova un bambino in un adulto, credo che lo preferisca a chiunque altro. Vorrei poter essere adulto come Ulysses è bambino”.Nel 1943 a New York viene pubblicato il libro “The Human Comedy” di William Saroyan; nello stesso anno esce l’omonimo film diretto da Clarence Brown.La pellicola gareggia nel 1944 per gli Oscar a fianco di “Casablanca”, “Il cielo può attendere”, “Addio alle armi”, vincendo la statuetta per il “Miglior soggetto originale”.Sia il libro che il film riscuotono un notevole successo ma non diventeranno mai oggetto di esaltata venerazione da parte del pubblico né saranno osannati dalle generazioni successive. A differenza di altri due che usciranno qualche anno dopo.“The Catcher in the Rye” sarà pubblicato nel 1951. Si confermerà un must da leggere ma non da rileggere. Un romanzo di formazione sì, ma senza speranza e fiducia che dovrebbero accompagnare la crescita. L’adolescenza della solitudine cupa, grigia, persa. Magistrale nello sviscerare i problemi che rimangono irrisolti. Sono profondamente legata a questo libro per il suo lirismo disperato e luminoso.“Dandelion Wine” uscirà ancora dopo, nel 1957. Un altro romanzo di formazione predestinato all’eccellenza e al successo. Mi…

Léon Werth

Non ho mai messo in dubbio l’esistenza del Piccolo Principe. E non è una questione di crederci o meno, si tratta di emozioni, sentimenti ed autenticità che non necessitano neppure della nostra consapevolezza. Non ricordo me stessa senza di lui, delizioso fanciullo dai capelli color grano che cresceva con me senza mai perdere la sua limpida curiosità, l’amore per l’asteroide B612 e una delicata dedizione ad un fiore suscettibile. Finché ero piccola il libro mi sembrava una favola, insolita, sì, ma una favola, triste e a tratti poco comprensibile. Adesso lo considero uno dei più grandi romanzi esistenziali e filosofici, quei rari libri che raccontano lo stato d’animo e non soltanto lo svolgimento degli eventi. È dedicato a Léon Werth bambino e già dalla dedica si intuisce la singolare capacità dell’autore di mischiare così bene la fantasia, la realtà, l’illusione da creare una soffice nuvola la cui forma ed assomiglianza è propria di ognuno di noi. «A Léon Werth Domando perdono ai bambini per aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il miglior amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa. Questa persona grande può capire tutto, anche i libri…

Arco di Trionfo di Erich Maria Remarque
I miei compagni di viaggio / Maggio 3, 2020

Parigi prima della seconda guerra mondiale ancora ignara del pericolo imminente. La piovosa serata di fine novembre. Il ponte Alma. Un piccolo caffè vuoto vicino all’Arco di Trionfo con gradini consunti e scivolosi. L’asprezza del calvados che non risolve nulla ma almeno scalda le mani. Gauloises umide e stropicciate in tasca.Due vite sospese come goccioline di nebbia si incontrano per caso e si attraggono ma non si legano. Manca l’affinità che deriva dall’esperienza costruita nei mondi paralleli destinati ad incrociarsi molto più in là, alla fine.“La piccola stanza vuota sembrava satura dall’odore di nostalgia, disperazione e novembre.”Il pessimismo di uno dei più grandi romanzi d’amore (e delle più grandi storie d’amore di Marlene Dietrich e Erich Maria Remarque perché è la loro storia) si spoglia di sfiducia e diventa una poesia. Commovente e spietata. Perché ti insegna che la realtà e l’illusione possono rappresentare la stessa dimensione che si tratti di una linea o di un punto.“Il rimorso è la cosa più inutile al mondo. Nulla si può tornare. Niente può essere corretto. Se così fosse, saremmo tutti dei santi. La vita non ha mai avuto l’intenzione di renderci perfetti. Colui che lo fosse dovrebbe essere esposto in un museo”