Tex Willer

Se è vero che il fascinoso Tex Willer non sbaglia mai un colpo, è altrettanto vero che viene spesso ferito ma la velocità di recupero non è da meno dalla sua mira infallibile.Centra l’obiettivo comunque. Diventando un eroe senza super poteri e un personaggio senza tempo.Come Matthew Emmons e Niccolò Campriani, due eccezionali tiratori e due amici che si confrontano, si sfidano ma non si contrastano mai. Alle Olimpiadi del 2004 di Atene Matt Emmons ha 23 anni. È un tiratore a segno statunitense e ha già conquistato la Coppa del Mondo per ben due volte. Alle Olimpiadi vince subito l’oro nella carabina 50 metri a terra e guida la finale nella disciplina più difficile e prestigiosa – carabina a tre posizioni (tiro in ginocchio, a terra e in piedi). Glaciale e sicuro di sé, ha un distacco impressionante tanto da far sembrare l’ultimo colpo una mera formalità. Prende la mira e fa centro pieno. Matt si gira verso il tabellone e non riesce a capire perché accanto al suo nome appaia uno strano risultato: zero. Lui non si preoccupa, possono essere dei ritardi nella visualizzazione, qualche errore informatico. Prima a bassa voce e poi urlando grida “I shot” –…

Samantha Smith

Malgrado fossero passati quarant’anni dalla prima apparizione di Samantha Smith sugli schermi sovietici, mi ricordo nettamente il suo splendido sorriso che neanche la guerra fredda riuscì ad offuscare.Lei, una bambina americana di dieci anni, sorrideva come se ti abbracciasse. Non un classico sorriso americano, pur abbagliante e luminosissimo. Lei irradiava meraviglia e stupore di quello che vedeva attorno a sé, era felice di rovesciare l’opinione pubblica americana, ormai consolidata, che il popolo sovietico mangiasse bambini e vivesse con orsi in casa. Durante una trasmissione televisiva, all’insinuazione che i sovietici non le avrebbero mostrato “tutta la verità”, risponde: “Quando ricevo degli ospiti a casa mia, non gli mostro mica lo sgabuzzino più disordinato e polveroso.” Samantha nasce nel Maine, nel 1972. Suo padre Arthur insegnava letteratura e scrittura creativa presso l’Università del Maine ad Augusta, e la madre Jane lavorava come assistente sociale. Samantha amava l’hockey su prato, il pattinaggio sui rollerblade, la lettura. A cinque anni scrisse una lettera alla Regina Elisabetta II d’Inghilterra, dicendole che le piaceva molto.La storia di cui vorrei parlarvi inizia con la nomina di Yuri Andropov a Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nel novembre 1982. L’evento è stato accolto con un’ondata di negatività…

Tears no fears

“Il paese delle lacrime è così misterioso” Le lacrime. Piango perché sono capace di cedere all’emozione e quindi sono forte oppure non lo sono e resisto?Piango e non temo gli occhi rossi, il naso che cola, le guance rigate dal mascara. Non piango e non temo gli occhi rossi, il naso che cola, le guance rigate dal mascara. Catarsi, liberazione, melodramma, ricatto, dolore. Quale parte è mia? E quanto mio c’è in ogni parte? “Se in un museo si esponesseun bolscevico che piange,quel museo tutto il giornosarebbe pieno di gente curiosa,ma uno spettacolo similenon accadrà di vedere nei secoli.” Majakovkij “Vladimir Ilic Lenin”Negli anni l’Unione Sovietica ha vinto 3 premi Oscar per il miglior film straniero. L’ultimo, aggiudicato nel 1981, ha un titolo che suona abbastanza eccentrico per un orecchio non russo – “Mosca non crede alle lacrime”. Prende spunto da un proverbio molto diffuso all’epoca. Veniva citato spesso e ci si abituava fin da piccoli che per andare avanti bisognava rimboccarsi le maniche; contavano i risultati e non le spiegazioni perché non sei arrivato ad un determinato traguardo. Si piangeva di nascosto però, vergognandosi della propria debolezza perché nell’Unione Sovietica vivevano i veri super eroi ed erano talmente tanti…

Viktor Chukarin

L’Unione Sovietica debutta nei Giochi Olimpici nel 1952, a Helsinki. La delegazione è composta di 295 persone che vincono in totale 71 medaglie (22 d’oro, 30 d’argento e 19 di bronzo). Conquistano il 2°posto nel medagliere generale, dietro solo agli Stati Uniti che si aggiudicano 76 medaglie (31 arrivano dall’atletica leggera contro le 17 dell’Unione Sovietica). Ma è grazie alla ginnastica – 9 ori, 11 argenti e 2 bronzi – che l’Unione Sovietica spicca il volo, libra nell’aria e volteggia. Sicura, determinata, rigida e poco allegra. (C’è ancora poco da sorridere. La Seconda guerra mondiale, finita da 7 anni, costò oltre 25-27 milioni di vittime. I danni materiali ammontano al 30 % delle ricchezze nazionali dell’URSS e sui territori che sono stati occupati dai nazisti anche fino al 66%.  Negli Stati Uniti invece dal 1939 al 1945 il prodotto interno lordo è cresciuto del 70%.) La ginnastica maschile nel 1952 conta 8 specialità e Viktor Chukarin ne vince 4, arrivando secondo anche alle parallele e agli anelli. Ha più di 30 anni e anche per gli standard dell’epoca è un’età in cui non è facile vincere. Ma lui non è per le imprese facili, solo per quelle impossibili. Undici anni prima, nel…

Cane Lial’ka

Kuzbass è uno dei più grandi e famosi depositi di carbone in Russia. Si trova nella Siberia occidentale, principalmente nella regione di Kemerovo. La qualità del carbone estratto qui, secondo gli esperti, è una delle migliori e più versatili al mondo.Il carbone fu scoperto all’inizio del XVIII secolo, ma la regione iniziò ad acquisire rilevanza industriale nel 1840.L’estrazione del carbone viene effettuata qui in vari modi: sotterraneo, aperto e idraulico. Naturalmente, prevale il primo: rappresenta circa il 65%. Ora ci sono diverse decine di miniere e imprese impegnate nell’estrazione.La miniera Pervomayskaya salì alla ribalta della cronaca nazionale nel 2014 per essere stata la prima miniera al mondo ad onorare il contributo di un compagno di squadra particolare: il cane Lial’ka.(Lial’ka in russo significa “bambolina, bimbetta, piccolina” sempre con un tocco di grazia e simpatia)La cagnetta arrivò nei pressi della miniera nel 1997, aveva pochi mesi, sembrava un batuffolo di lana tanto che i minatori all’inizio la chiamavano “Muffola”.Un giorno, di sua spontanea volontà, decise di scendere insieme a loro sottoterra, oltre i 300 metri di profondità. Nei 17 anni di servizio volontario Lial’ka diventò un vero membro del gruppo. Non perse mai un giorno di lavoro, arrivando puntuale per l’inizio…

Iosif Brodskiy

Il 10 luglio del 2020 l’allora primo ministro italiano Giuseppe Conte è a Venezia per partecipare alla cerimonia di innalzamento paratoie del Mose. In quella occasione il suo discorso spazia dal padre dell’idealismo tedesco, Friedrich Hegel, alla conclusione del tutto inattesa quanto solenne. “Completo questo breve intervento con una citazione di Iosif Brodskiy. Il poeta. Non cito una sua poesia ma qualche frase dal saggio “Fondamenta degli incurabili”. Diceva che Venezia è la città dell’occhio. “In questa città si può versare una lacrima in diverse occasioni. Posto che la bellezza sia una particolare distribuzione della luce, quella più congeniale alla retina, la lacrima è il modo in cui la retina ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza”. Il poeta. Senza aggiungere i riconoscimenti più famosi: Premio Nobel per la letteratura nel 1987 e nomina come Poeta laureato (United States Poet Laureate) nel 1991. Senza specificare l’origine e la nazionalità: ebreo, sovietico, russo, americano, apolide, cittadino del mondo. Il poeta. E mentre ascoltavo il professor Conte, incredula e commossa, mi sono ricordata di un’altra volta in cui lo stesso Brodskiy si definì esattamente e semplicemente così – il poeta. Nel 1964 durante il processo che lo avrebbe condannato a 5…

Irina Antonova

Irina Antonova, storica direttrice del Museo Pushkin di Mosca, si è spenta all’età di 98 anni il 30 novembre 2020 a causa delle conseguenze da Covid. Mi fermo perché qui finisce la terra ferma Marina Zvetaeva / Museo Pushkin/ Irina Antonova. La linea retta si è piegata fino a formare il cerchio perfetto. Avevo 19 anni quando vidi per la prima volta alcuni quadri della serie “Le cattedrali di Rouen” di Monet. Erano esposti al museo Pushkin insieme con Matisse, Chagall e Malevich. L’unico posto al mondo dove la poesia monumentale di Marina Zvetaeva (Iosif Brodskiy la considerava il più grande poeta del Novecento mondiale) incontrava il colore sulla tela e tu non capivi più dove finivano le parole e cominciava la luce. Appunto, il cerchio.Il Museo A.S. Pushkin fu inaugurato il 31 maggio 1912 e contiene la più grande collezione di arte europea della città di Mosca; si trova in via Volkhonka al civico 12, tra la metro di Kropotkinskaya e Borovitskaya.Fondato dallo storico e critico d’arte Ivan Zvetaev, il padre di Marina Zvetaeva. Alla sua fondazione, fu chiamato Museo di Alessandro III ma nel 1937 fu ribattezzato e intitolato al famoso poeta Pushkin, uno dei padri della letteratura…

Beethoven non fa più paura
Ci sarei voluto essere / Maggio 17, 2020

L’accesso al tempio della musica classica era da sempre riservato all’élite: per nascita, per istruzione, per presunzione. L’ingresso sembrava avvolto nella nebbia e nelle tenebre e più che un tempio assomigliava al castello kafkiano, fatto solo per disorientare e confondere e non per raggiungere. Ti scoraggiava perché sembrava lontano, antico, appunto, classico. Dovevi essere idoneo per poterlo avvicinare e attendere di entrare. Rimaneva comunque la sensazione di essere un po’ fuori posto perché era difficile già solo conoscere i nomi esatti degli strumenti, figuriamoci distinguere movimenti oppure prime e seconde viole.In ogni insegnamento la bravura del maestro non sta soltanto nella capacità di spiegare e coinvolgere ma soprattutto nel talento di regalare la propria conoscenza senza farla pesare come superiorità. È come dire “grazie”: tu perché mi ascolti, io perché tu mi parli. Spalancare il portone del sapere perché essere prescelti di conoscere significa non scegliere più ma condividere e gioire allo stupore altrui, alla meraviglia di qualcun altro nello scoprire che Beethoven non fa più paura.Ma la musica classica in grado di unire la storia (forte e spietata come la battaglia napoleonica di Hanau) e la poesia delicata ed esile di Emily Dickinson non è classica perché non più…

Peter Norman

“La velocità perfetta, figliolo, vuol dire solo esserci».Le Olimpiadi alla Città del Messico avrebbero dovuto (potuto?) aggiungere pace e armonia ad un anno che più di qualsiasi altro periodo storico era già tormentato fino all’estremo dalla contestazione, battaglie civili e militari, lotte armate, il rifiuto radicale verso un certo stile di vita. L’anno delle proteste studentesche del maggio francese, dell’assassinio di Robert Kennedy e di Martin Luther King, dei carri armati sovietici che travolgevano la primavera di Praga.Furono le Olimpiadi con tante “prime volte” e numerosi record, alcuni destinati a durare nei decenni come quello stabilito dall’americano Bob Beamon nel salto in lungo. E un altro saltatore, ma in alto, entrò nella storia: Dick Fosbury, che vinse l’oro con la tecnica rivoluzionaria, mi verrebbe da dire quasi extraterrestre (d’altronde saltava davvero in alto e per di più con due scarpe diverse). Furono le Olimpiadi più “alte”, a 2.250 metri di altitudine.Per la prima volta, l’ultimo tedoforo della fiamma olimpica, fu una giovane donna, l’atleta Norma Enriqueta Basilio de Sotelo.Ci fu il primo squalificato per doping nella storia olimpica, il pentatleta svedese Hans-Gunnar Lijenwall, per tasso alcolemico troppo alto.Jim Hines fu il primo velocista a scendere sotto i 10 secondi (tempo…

Jonas Salk

La poliomielite era una malattia infettiva ad altissimo rischio. Colpiva principalmente bambini, sotto i cinque anni. Il virus danneggiava il midollo spinale e i polmoni, provocando la deformazione e la paralisi di braccia e gambe che a volte portava all’esito mortale. Molti malati non erano più in grado di camminare senza stampelle o tutori in ferro. Tra i malati “famosi”, ad esempio, possiamo ricordare la pittrice Frida Kahlo e il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt. Dall’inizio del Novecento le epidemie di poliomielite erano sempre più ravvicinate e sempre più letali, soprattutto d’estate. Il picco si verificò nei primi anni Cinquanta, quando solo negli Stati Uniti si registrano fino a 50.000 casi. Nel 1952, l’anno dell’epidemia negli Stati Uniti, la popolazione era in una situazione che adesso ci suona abbastanza familiare: la vita nelle città si era fermata, i cinema, le piscine, le chiese, erano state chiuse per prevenire la diffusione del contagio. Le raccomandazioni di salute pubblica erano quelle di adesso: evitare gli assembramenti, non permettere ai bambini di nuotare nelle piscine pubbliche e lavarsi molto spesso le mani”.La poliomielite aveva paralizzato tra i 13 mila e i 19 mila bambini ogni anno nel periodo prima del vaccino….