Malgrado fossero passati quarant’anni dalla prima apparizione di Samantha Smith sugli schermi sovietici, mi ricordo nettamente il suo splendido sorriso che neanche la guerra fredda riuscì ad offuscare.
Lei, una bambina americana di dieci anni, sorrideva come se ti abbracciasse. Non un classico sorriso americano, pur abbagliante e luminosissimo. Lei irradiava meraviglia e stupore di quello che vedeva attorno a sé, era felice di rovesciare l’opinione pubblica americana, ormai consolidata, che il popolo sovietico mangiasse bambini e vivesse con orsi in casa.
Durante una trasmissione televisiva, all’insinuazione che i sovietici non le avrebbero mostrato “tutta la verità”, risponde: “Quando ricevo degli ospiti a casa mia, non gli mostro mica lo sgabuzzino più disordinato e polveroso.”
Samantha nasce nel Maine, nel 1972. Suo padre Arthur insegnava letteratura e scrittura creativa presso l’Università del Maine ad Augusta, e la madre Jane lavorava come assistente sociale. Samantha amava l’hockey su prato, il pattinaggio sui rollerblade, la lettura. A cinque anni scrisse una lettera alla Regina Elisabetta II d’Inghilterra, dicendole che le piaceva molto.
La storia di cui vorrei parlarvi inizia con la nomina di Yuri Andropov a Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nel novembre 1982. L’evento è stato accolto con un’ondata di negatività da parte dell’Occidente in quanto il lungo operato di Andropov in qualità di direttore del KGB risultava preoccupante per la potenziale minaccia che avrebbe potuto rappresentare per il mondo.
Nel frattempo, l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan si era mosso per schierare missili Pershing II in Germania Occidentale e la guerra che l’Unione Sovietica conduceva in Afghanistan ormai da tre anni, contribuiva a nuove tensioni internazionali.
Così, Samantha leggendo un articolo della rivista Time, del 22 novembre 1982, chiese alla madre; “Se la gente ha così tanta paura di lui, perché nessuno gli scrive una lettera per chiedergli se vuole o no una guerra?” La madre le rispose; “Perché non tu?”.
“Caro Sig. Andropov
Mi chiamo Samantha Smith. E ho dieci anni. Congratulazioni per il vostro nuovo lavoro. Mi sono preoccupata a proposito di una possibile guerra nucleare tra Russia e Stati Uniti. State per votare per avere una guerra o no? Se non volete, ditemi per favore come farete per evitare che ci sia una guerra. A questa domanda potete non rispondere, ma mi piacerebbe sapere perché volete conquistare il mondo o almeno il nostro Paese. Dio ha creato il mondo per noi perché potessimo viverci insieme in pace, non per combatterci.
Sinceramente,
Samantha Smith”
La sua lettera, pubblicata su Pravda (organo di stampa ufficiale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica), commosse Andropov, e il 25 aprile Samantha ricevette la risposta.
C’è un passaggio nella lunga risposta rassicurante che mi piace particolarmente:
“…Mi sembra – da quello che posso leggere nella tua lettera – che tu sia una ragazzina coraggiosa e onesta, simile a Becky, l’amica di Tom Sawyer nel famoso libro del tuo compatriota Mark Twain. Questo libro è molto conosciuto e amato nel nostro paese da tutti i ragazzi e le ragazze.”
Si sa che i libri non appartengono alla nazionalità di chi li scrive e con questo non intendo dire che appartengono a tutti. Sono convinta che loro vivono di vita propria come animali, quadri e fiori e sono nomadi di spirito. La menzione a Becky, una dei miei personaggi preferiti in assoluto, mi fece credere, in tutta la sincerità di cui ero capace a 14 anni, che la scrittura comunque avrebbe per sempre cambiato il mondo.
Su invito di Andropov, nel luglio del 1983 Samantha e i suoi genitori arrivarono a Mosca. Purtroppo, non fu possibile incontrare Andropov di persona in quanto già molto malato. Ovunque andassero, Samantha non si stancò mai di meravigliarsi dell’entusiasmo con cui veniva accolta dai normali cittadini dell’URSS e lo ricambiava nella maniera più bella che esista da sempre – un sorriso e un abbraccio. Se non migliorarono le relazioni tra i governi, di certo migliorarono quelle tra i popoli.
Il posto che le rimase nel cuore era il campo pionieristico di Artek, in Crimea, dove trascorse il tempo insieme a suoi coetanei, stringendo numerose amicizie.
Il 25 agosto 1985, l’aereo su cui Samantha tornava a casa dalle riprese per una serie televisiva nel Regno Unito, schiantò al suolo; tutte le persone a bordo morirono nell’incidente: due membri d’equipaggio e sei passeggeri, tra i quali Samantha e suo padre.
Ai funerali svolti nella presenza di circa mille persone non partecipò nessun rappresentante del governo statunitense. L’allora ambasciatore dell’Unione Sovietica Vladimir Kulaghin lesse il messaggio personale di Michail Gorbachiov, il successore di Andropov.
Oggi siamo abituati ad assistere al coinvolgimento mediatico di bambini e ragazzi nelle battaglie politiche e sociali. Ma l’impatto di Samantha fu reale, sincero e per questo estremamente positivo. Perché all’epoca il ruolo di un giovane ambasciatore di pace era un’assoluta novità.
In Occidente Samantha è stata dimenticata come tantissime altre cose che mostrano l’Unione Sovietica sotto una luce positiva.
Ma lei, proprio come Becky, voleva solo scavalcare il muro e guardare oltre, con la determinazione di un piccolo e grazioso funambolo.
Nessun commento
I commenti sono chiusi.