Cane Lial’ka

Giugno 1, 2021

Kuzbass è uno dei più grandi e famosi depositi di carbone in Russia. Si trova nella Siberia occidentale, principalmente nella regione di Kemerovo. La qualità del carbone estratto qui, secondo gli esperti, è una delle migliori e più versatili al mondo.
Il carbone fu scoperto all’inizio del XVIII secolo, ma la regione iniziò ad acquisire rilevanza industriale nel 1840.
L’estrazione del carbone viene effettuata qui in vari modi: sotterraneo, aperto e idraulico. Naturalmente, prevale il primo: rappresenta circa il 65%. Ora ci sono diverse decine di miniere e imprese impegnate nell’estrazione.
La miniera Pervomayskaya salì alla ribalta della cronaca nazionale nel 2014 per essere stata la prima miniera al mondo ad onorare il contributo di un compagno di squadra particolare: il cane Lial’ka.
(Lial’ka in russo significa “bambolina, bimbetta, piccolina” sempre con un tocco di grazia e simpatia)
La cagnetta arrivò nei pressi della miniera nel 1997, aveva pochi mesi, sembrava un batuffolo di lana tanto che i minatori all’inizio la chiamavano “Muffola”.
Un giorno, di sua spontanea volontà, decise di scendere insieme a loro sottoterra, oltre i 300 metri di profondità.

Nei 17 anni di servizio volontario Lial’ka diventò un vero membro del gruppo. Non perse mai un giorno di lavoro, arrivando puntuale per l’inizio del turno. Lavorava non da meno di Alexei Stahanov (famoso per aver ideato nel 1935 una nuova metodologia di estrazione del carbone dalla vena mineraria, aumentando la produttività della squadra), a volte per 2-3 turni consecutivi.

Aveva mansioni ben precise: tenere lontano dalle provviste ratti e topi (non toccando però il cibo finché non venisse condiviso con tutti); avvisare i minatori quando il livello di metano diventava pericoloso per la salute (abbaiava e girava su se stessa per segnalarlo); aiutare gli uomini ad uscire dalla miniera se per qualche motivo le lampade da lavoro non funzionavano.
Conosceva alla perfezione tutte le entrate ed uscite dalla miniera e a fine turno era lei in testa alla squadra per fare strada.
Credo comunque che il suo contributo più importante fosse stato quello di tenere compagnia agli uomini mentre lavoravano al buio sottoterra, portare con la sua presenza gioiosa e giocosa quel pizzico di vita, allegria e buonumore, assolutamente indispensabili per poter sopportare le condizioni pesanti (sia fisiche che psicologiche) del lavoro nell’industria estrattiva.
Durante l’incidente del 2005, i 16 minatori rimasero intrappolati nella miniera. Dopo le operazioni di salvataggio all’appello mancava uno e Lial’ka non si dava pace come tutti gli altri membri della squadra. Stava in silenzio, cercando di captare ogni possibile segnale e poi cominciò ad abbaiare in maniera incessante. L’ultimo minatore riuscì ad uscire (direi, sgattaiolare – anche se qui sarebbe da inventare il verbo con la radice “cane”) fuori.
Quando diventò cieca e sorda non smise di accompagnare i minatori. Rimaneva ad aspettarli nella stanza delle lampade – così viene chiamato il punto di controllo prima di entrare in miniera, ed è qui che i minatori ricevono il kit di salvataggio, respiratori, pile e appunto le lampade.
Dicono che il suo ultimo gesto fu proprio da minatore: diede la zampa per una stretta di mano e morì.
Con la sua fedeltà, professionalità e dedizione al lavoro ha guadagnato il diritto di essere sepolta sul territorio della miniera. I suoi compagni di squadra hanno eretto in suo onore un monumento – il primo in assoluto per un cane minatore!

“là giaceva il cane Argo, pieno di zecche.
E allora, come sentì vicino Odisseo,
mosse la coda, abbassò le due orecchie,
ma non poté́ correre incontro al padrone.
E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima”

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