Léon Werth

Ottobre 16, 2020

Non ho mai messo in dubbio l’esistenza del Piccolo Principe. E non è una questione di crederci o meno, si tratta di emozioni, sentimenti ed autenticità che non necessitano neppure della nostra consapevolezza. Non ricordo me stessa senza di lui, delizioso fanciullo dai capelli color grano che cresceva con me senza mai perdere la sua limpida curiosità, l’amore per l’asteroide B612 e una delicata dedizione ad un fiore suscettibile.

Finché ero piccola il libro mi sembrava una favola, insolita, sì, ma una favola, triste e a tratti poco comprensibile. Adesso lo considero uno dei più grandi romanzi esistenziali e filosofici, quei rari libri che raccontano lo stato d’animo e non soltanto lo svolgimento degli eventi.

È dedicato a Léon Werth bambino e già dalla dedica si intuisce la singolare capacità dell’autore di mischiare così bene la fantasia, la realtà, l’illusione da creare una soffice nuvola la cui forma ed assomiglianza è propria di ognuno di noi.

«A Léon Werth

Domando perdono ai bambini per aver dedicato questo libro a una persona grande.

Ho una scusa seria: questa persona grande è il miglior amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa. Questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini; e ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata.

E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stato. Tutti i grandi sono stati bambini una volta (ma pochi di essi se ne ricordano).

Perciò correggo la mia dedica:

A Léon Werth

Quando era un bambino”

Anche il libro molto meno conosciuto “Lettera ad un ostaggio” parla di Léon Werth, questa volta adulto con un commovente passaggio sull’amicizia. “Non ho bisogno di un amico che mi giudica. Se mi viene a trovare un amico che zoppica, io lo invito a sedersi a tavola e non pretendo che lui balli”.

Entrambi i libri furono pubblicati a New York nel 1943 dove de Saint-Exupéry rimase per quasi due anni, malgrado avesse pianificato un breve soggiorno di 4 settimane. Ricevette in quell’occasione (con un anno di ritardo però!) 1939 National Book Award per il romanzo “Vento, sabbia e stelle”, (titolo originale Terre des Hommes – Terra degli uomini). Antoine arrivò lì nel 1940 dal Portogallo, via mare. Per lui, abituato a volare ma al momento dichiarato “non idoneo” dai medici a causa di una lussazione alla spalla, fu un viaggio penoso e difficile.

Léon e Antoine non avevano molte cose in comune. Léon di 22 anni più grande, ebreo, studioso della letteratura e critico d’arte, diventò famoso in Francia con i romanzi pacifisti e pessimisti scritti dopo la Prima Guerra Mondiale, ritraendo fedelmente la vita di trincea. Antoine, nobile (era il discendente di una delle famiglie nobili più antiche di Francia, vantava il titolo di conte, ma non se ne avvalse mai), ricco e spensierato, lo incontra nel 1931 e da subito fra i due nasce una forte e solida amicizia.

Possiamo considerare Léon un mentore letterario di Antoine, tanta è l’ammirazione nei confronti dell’autore «Clavel soldat» che Werth aveva pubblicato nel 1919, una vera requisitoria contro la guerra. Forse per Antoine, orfano di padre da quando aveva 4 anni, Werth rappresenta quella figura maschile, fortemente indipendente, solida e colta che sprona, che consola e la cui approvazione diventa l’incoraggiamento per diventare altrettanto indipendente, forte e non meno colto.

Per Werth, Antoine invece è una ventata di fanciullezza perduta. “Gli devo tantissimo. Mi ha ridato indietro la mia gioventù. Io l’ho persa e lui me l’ha restituita”.

La loro amicizia “senza alcun perché”, tanti ricordi che terranno loro compagnia, soprattutto uno, quello di una giornata felice nella Francia ancora libera dai tedeschi.  Non era successo niente di particolare quel giorno: un bicchiere di Pernod bevuto in spensierata compagnia di alcuni marinai conosciuti al momento, allegria, la mitezza del vento primaverile e la complicità del sorriso con Léon.

Per de Saint-Exupéry il sorriso è fondamentale, vitale nel senso più letterale della parola. Durante la guerra in Spagna, dove Antoine partecipò come corrispondente di guerra, fu catturato dal gruppo degli anarchici perché sospettato di spionaggio. Per alleggerire la tensione chiede una sigaretta e nel riceverla da parte di un miliziano gli batte una pacca sulla spalla. Tutti e due sorridono, Antoine viene liberato. “Il sorriso è essenziale. Si ringrazia con il sorriso. Si premia con un sorriso. Con un sorriso ti regalano la vita. C’è anche un sorriso per il quale sei disposto a sfidare la morte”.

In Francia occupata dai nazisti Léon Werth, suo amico fedele fino alla fine, viveva completamente isolato dal mondo in uno sperduto villaggio nell’estremo Est del paese, per evitare, finché possibile, persecuzioni tedesche perché di origini ebraiche.

“Ti vedo così debole, così vulnerabile, trascinare i tuoi cinquant’anni per ore e ore sul marciapiedi davanti a una povera salumeria, tremante al precario riparo di un cappotto liso, per sopravvivere ancora un giorno. Tu così francese, ti sento doppiamente in pericolo di morte, perché francese e perché ebreo.”

Aveva fame, aveva freddo e aveva bisogno di essere consolato, proprio come se lo immaginava Antoine mentre scriveva:

“E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere…E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo”.

Il 31 luglio 1944 l’aereo di Antoine scomparve al largo di Mediterraneo, decollato dalla base in Corsica e diretto a Lione. Lui aveva 44 anni. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.

Il mese seguente, Werth venne a sapere della scomparsa del suo amico da una trasmissione radiofonica. A novembre dello stesso anno scoprì che l’anno precedente de Saint-Exupéry aveva pubblicato una favola negli Stati Uniti, che i disegni erano del suo amico e che il libro era dedicato a lui.

Dopo la misteriosa morte di Saint-Exupéry, Léon Werth raccolse i suoi ricordi e documenti legati al periodo tra il 1940 e il 1944: lettere, fotografie, disegni, appunti sparsi degli ultimi quattro anni di vita dello scrittore, dando vita al libro “Il mio amico Saint-Exupéry”, ricostruendo all’indietro la storia della loro intensa amicizia.

Chi dobbiamo ringraziare per questo libro visionario ma nello stesso tempo così verosimile e convincente? Solo  Léon Werth? Solo Antoine de Saint-Exupéry? Oppure quell’incidente conosciuto come “l’incidente di Libia” e raccontato dalle cronache dei giornali del tempo, a partire dal Corriere della Sera del 31 dicembre 1935? 

Come nasce un’amicizia che non ha bisogno né di essere convalidata né messa alla prova? Un’amicizia dove dare e ricevere diventa accudire, quel dedicarsi con cura che ci permette di donare il meglio di noi a qualcun altro. Chiunque questo altro sia. Bambino dai capelli color grano, adulto che sente freddo, una piccola volpe che vuole essere addomesticata, un fiore volubile ed ipersensibile.

A noi quando eravamo bambini. Che potessimo ricordarlo sempre.

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